
Einaudi
2016
262
Inizia così il nuovo libro di Riccardo Staglianò, giornalista de la Repubblica, un giornalista “scomodo” che non rinuncia ad affrontare temi difficili e contrastare così i vari “pensieri unici”. Tra i suoi libri più conosciuti una biografia “non autorizzata” di Bill Gates e i saggi Cattive azioni
, sulle malefatte dei “signori di Wall Street”, e Occupy Wall Street
, sulle radici di una protesta che è diventata globale.
Ma veniamo a Al posto tuo.
La tesi del libro è che siamo entrati in una fase di crescita senza occupazione. Questo è un grosso problema «perché il lavoro non è solo un mezzo di sostentamento, ma anche e soprattutto la matrice di un’identità. Perderlo… ha un costo sociale superiore al divorzio. Come pochi altri eventi può lacerare la stoffa che tiene insieme una comunità».
Software e robot stanno progressivamente sostituendo non solo gli operai ma anche i colletti bianchi. I robot hanno fatto strage di colletti blu. Il software – parlano da sole le pagine dedicate ad Amelia che ricorda al primo colpo tutto quello che legge e già oggi risponde meglio di qualunque umano a due domande su tre – progressivamente renderà inutile una gran parte dei colletti bianchi. Fino ad Amazon, Google Car, i droni che lasceranno a casa milioni di addetti al commercio, autisti e camionisti.
In realtà, il libro di Staglianò si presta a più livelli di lettura.
È una guida completa, e molto divertente, a tutte le realtà che oggi condizionano, nel bene o nel male, le nostre vite (Amazon, Uber, i Mooc, la tecno-sanità, diventare una star di YouTube).
È un grido di allarme sulla sostenibilità della nostra economia. Cosa ce ne faremo di prodotti di alta qualità a prezzi accessibili se sempre meno persone disporranno di uno stipendio per acquistarli? Staglianò cita Jaron Lanier, l’autore di La dignità ai tempi di Internet: «Ciò che non è sostenibile è la distruzione della classe media che lavora nei trasporti, nella manifattura, nel settore energetico, nell’educazione, nella sanità. E una tale distruzione accadrà, a meno che le idee dominanti sull’economia dell’informazione non facciano passi avanti».
Avverte Staglianò: «Se continueremo a comportarci come se il progresso che web e robot portano sia indiscutibile, ineluttabile e ingovernabile, finiremo sotto le macerie».
Staglianò delinea qualche antidoto.
Il primo è quello di puntare molto di più sull’istruzione per «trovare il modo di valorizzare la nostra parte più umana e creativa, meno attaccabile dal software». Probabilmente non basta.
In un mondo dove «pochi diventano sempre più ricchi» bisogna riconsiderare come si tassano i ricchi rispetto ai poveri. È emblematico il caso della segretaria di Warren Buffet, che ha un’aliquota fiscale doppia (34%) rispetto al suo datore di lavoro, uno degli uomini più ricchi del mondo. Anche «trovare il modo per fare arrivare più soldi nelle tasche», a questo punto appare, più che una forma di generosità individuale, una necessità economica collettiva.
Stagliano prende in esame alcune ipotesi in merito al reddito di cittadinanza: il basic income preconizzato dalla Silicon Valley o il “reddito minimo di inserimento” da destinare a tutti i poveri disponibili però a lavorare.
Staglianò non scarta a priori neanche l’idea della proprietà diffusa dei robot, che «farebbero il nostro lavoro ma a noi resterebbe il salario che a quel punto potremmo impiegare per giocare a scacchi, sorseggiare tè in giardino…» (un’idea di cui Executive Summary ha parlato anche con Alberto Sangiovanni-Vincentelli, professore di ingegneria elettronica in California).
Utopia? Forse, ma i temi citati da Staglianò costituiranno «il rompicapo più complesso che la politica avrà davanti nei prossimi anni».
«Walter, come farai a fare pagare a quei robot le quote sindacali?» chiede Henry Ford a Walter Reuther, sua controparte sindacale, che senza battere ciglio ribatte: «Henry, come farai a farti comprare da loro le tue auto?».
Vi è una inquietante simmetria tra la distruzione di occupazione e dei salari e quella delle risorse naturali del pianeta, tutte e due frutto del “progresso”.